All’avvocato spetta il rimborso del 15% delle spese totali quando il provvedimento di liquidazione non dispone diversamente.
Oltre al compenso professionale, l’avvocato ha diritto a ottenere il rimborso per le spese legali sostenute e la Corte di Cassazione, con la sentenza 9385, depositata il 4 aprile 2019, fa chiarezza in merito.
In pratica l’avvocato ha diritto al rimborso del 15% del compenso totale quando il provvedimento di liquidazione delle spese non dispone nulla a riguardo. Quindi, il rimborso del 15%, è la regola generale da applicare in mancanza di una diversa deliberazione del giudice di merito.
Riassumendo, se il provvedimento giudiziale che liquida le spese processuali nulla dice circa le spese forfettarie del difensore, l’avvocato avrà diritto al rimborso nella misura del 15% del compenso totale, che costituisce la misura massima spettante di regola al professionista e che il giudice potrà soltanto diminuire motivando sul punto.
Per fatturare il rimborso forfettario, l’avvocato non è tenuto a dimostrare al cliente il sostenimento delle spese vive perché è una voce che spetta per legge, a prescindere dall’effettività della spesa.
Costi extra? Quali?
Sono molteplici, ad esempio, la benzina necessaria per raggiungere il tribunale ogni volta che c’è un’udienza o per le riunioni fuori studio con il proprio assistito o con la controparte; fotocopie, l’acquisto di un libro onde studiare e approfondire la questione giuridica, le spese di cancelleria (carta, evidenziatori, cartelline, cartuccia della stampante). Ma tra le “spese” che un avvocato sostiene per improntare una difesa al proprio cliente c’è quella più importante, il fattore “tempo”.
Tempo speso in tribunale, in attesa dell’udienza, quello dietro le cancellerie, a fare la fila presso un’amministrazione per procurarsi certificati o richiedere chiarimenti.
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